Storia
La Banda Bignardi di Monzuno nasce più di cento anni fa, grazie all’idea e all’opera del medico condotto del paese, del quale ora porta il nome, il Dott. Pietro Bignardi, una persona dall’umanità straordinaria, che per primo intravede tra quelli genti un poco rozze ed approssimative, sensibilità rare e grande musicalità.
Già sul finire dell’800 è attiva la Scuola di Musica, sotto la direzione del maestro Luigi Gamberini, maestro di musica e di buone maniere, cognato ed amico fraterno del dottore.
Il suo instancabile lavoro e la naturale e moderna attrattiva della Scuola rendono possibile, solo pochi anni dopo, l’inaugurazione ufficiale del complesso, composto da ragazzi ed adulti appassionati.
E’ il 29 Aprile 1900 e in una Monzuno agghindata a festa, si celebra la “Festa del Borgo”, come sempre, come oggi, l’ultima domenica di aprile.
Una festa molto sentita, certo più che ora, tanto da rivaleggiare in importanza con la Festa di S. Luigi, l’appuntamento festivo più importante del paese, in calendario l’ultima domenica di agosto.
Alla presenza di importanti autorità e di una gran folla di paesani, festanti ed emozionati, il dottore può dare pubblico risalto alla realizzazione del suo sogno: sentire le note della Banda, che da quel momento entra a fare parte della vita e del tessuto sociale del paese.
La banda cresce, il dottore ed il maestro non fanno mancare nulla a loro ragazzi. Di tasca propria mettono tutto quello che serve per rinsaldare la loro creatura, siano essi gli strumenti, le partiture o l’uva, per fare il vino.
Nemmeno la prima follia bellica mondiale mette in ginocchio la banda.
Certo, qualcuno non torna, molti lasciano il paese, scendono in città a cercare quel poco di benessere che sono sicuri di meritare.
Ma la storia riprende, anche senza la bella divisa nera con il cappello da bersagliere e nuovi giovani e giovanissimi bandisti entrano a rimpolpare l’organico.
Sono proprio alcuni di questi giovani, diversi anni più tardi a partire alla volta delle conquiste coloniali. L’attività della banda si affievolisce fino a fermarsi quando deflagra la più grande tragedia che l’umanità ricordi.
Nel secondo, durissimo dopoguerra, quando a dispetto della rovina e della disperazione che la tragedia bellica e il passaggio del fronte ha lasciato nei cuori e nelle case dei monzunesi, il suono della banda riparte da dove si è interrotto.
I due amici protagonisti dell’inizio dell‘avventura, il dottore ed il maestro sono però scomparsi, spenti dall’età e da malattie implacabili.
E’ Nino Nanni, di professione sarto con la passione della musica (o forse il contrario …), allievo di musica del Maestro e di umanità del Dottore, che per primo e più di tutti si adopera per ridare voce alla musica.
Nino ha esordito dodicenne nella banda, nel 1924 e da quel giorno la tromba diventa una parte della sua vita.
Si inventa insegnante di teoria musicale con risultati sorprendenti e straordinari, risultati visibili e tangibili ancora oggi.
Non è però un periodo facile, i maestri si succedono e si avvicendano con una certa frequenza, non riuscendo a dare una certa continuità e stabilità al complesso.
Allora è sempre lui, Nino, a tenere le fila, a ricucire gli strappi (non solo metaforicamente), ad istruire, ad insegnare ed all’occorrenza a dirigere la banda.
Gli anni 70 portano un forte vento di crisi. Il tanto agognato benessere, l’imporsi di nuovi modelli di svago e divertimento, l’affermarsi di nuovi strumenti e generi musicali sono sconvolgimenti troppo grandi per poter essere arginati dal fragile mondo della banda.
Ai vecchi “suonatori” che per mille motivi lasciano la strada della musica è praticamente impossibile opporre qualche giovane che ne raccolga il testimone.
L’organico si indebolisce e si rischia la fine di tutto, complici contrasti e screzi a lungo sopiti, ma che emergono maligni quando le cose non vanno bene.
In quei giorni grami dimostra attenzione e affetto per la banda un ex colonnello dell’esercito, che con la famiglia, viene a Monzuno in villeggiatura.
Lorenzo Labanti ha della banda, ed in genere delle aggregazioni di persone, una altissima considerazione. Ne conosce i valori fondanti, i risvolti sociali e culturali che può esprimere, ancorché latenti e quasi nascosti. Ne parla con Nino, che intuisce quanto quest’uomo eccezionale possa fare per la Banda.
Lo coinvolge, subito, gli chiede di dare una mano e il Colonnello, è così che lo ricordiamo tutti, non si sottrae e si mette al lavoro. Probabilmente non immagina quanto impegno gli richiederà questo slancio.
Di lì a poco diviene Presidente e comincia a gettare le basi per il futuro. Recupero dei giovani, miglioramento della Scuola di Musica, sensibilizzazione delle autorità, riorganizzazione interna, ma soprattutto, apertura della banda all’universo femminile che fino a quel momento ne è rimasto escluso. Queste le principali direttrici lungo le quali si snoda il suo lavoro.
E i risultati non tardano ad arrivare.
I ragazzi tornano a popolare la scuola, presto alcuni di loro entrando in organico e lo rinforzano, portando aria fresca e speranza.
A metà degli anni 80 del secolo scorso il Colonnello Labanti considera esaurita la sua missione e, con la benedizione di Nino, lascia il campo ad una dirigenza di sbarbatelli: Presidente Mario Benassi, anni 24, maestro Alessandro Marchi, anni 24, Segretario Roberto Rebecchini, anni 25.
E’ una mossa arrischiata, non tutti vedono di buon occhio questa svolta.
Anche chi è convinto della scelta, non riesce a nascondere qualche perplessità.
Ma è la mossa giusta.
La scuola di Musica viene notevolmente riorganizzata dal Maestro Marchi e questo fa sì che molti giovani se ne lascino affascinare.
Cominciano i viaggi all’estero, in Inghilterra nel 1986, al quale seguiranno molte altre mete europee.
Anche l’organizzazione interna viene migliorata e strutturata, sotto la guida di Mario Benassi.
Seguono anni di crescita, sia tecnico-musicale che socio-culturale.
Nel 1990 viene festeggiato il novantesimo di fondazione, con una serie di concerti che darà poi vita alla rassegna “Concerti di Primavera”.
Le attività si moltiplicano e si diversificano, il ricambio generazionale procede con molto vigore fino a far diventare i più vecchi del complesso quelli che alla fine degli anni 70 erano i più giovani.
L’attenzione per i ragazzi si traduce anche in innumerevoli iniziative extra-musicali, come l’organizzazione di eventi sportivi o ludici, vacanze, feste, occasioni per stare insieme e fare “spogliatoio”.
Nel 2000 viene festeggiato il centenario, con una serie di manifestazioni che vengono organizzate durante tutto l’arco dell’anno.
La più importante, perché simbolica, il concerto del Centenario, tenuto sabato 29 aprile 2000, a cent’anni esatti da quella Festa del Borgo così lontana.
Il concerto è in realtà uno spettacolo multimediale, nel quale le musiche della banda vengono accompagnate da immagini del passato e si alternano alle voci di quattro attori che ripercorrono il secolo di storia della banda.
Siamo ormai a giorni nostri e l’avventura continua, non senza momenti di tristezza, di dolore, grande, e di smarrimento.
Nell’estate del 2002 il Presidente Mario Benassi, a soli 41 anni, ci lascia, aprendo una ferita della quale ancora stiamo soffrendo.
Questa tragedia viene dopo e precede di poco situazioni analoghe che ci hanno costretto a piangere la morte prematura di altri tre amici, Mario Facchini, Pietro Pietrantonio e Alessandra Mastacchi.
La storia, la vita, l’avventura continuano. E’ questo il cinico e obbligato refrain al quale ci si aggrappa in momenti simili ed è quello che abbiamo fatto.
Il dopo Mario Benassi si chiama Maurizio Albori, al quale spetta un compito durissimo, raccoglierne l’eredità e ricondurre l’associazione su sentieri sicuri e conosciuti, dopo che lo scoramento e lo sbandamento hanno fatto d’improvviso la comparsa sulla scena.
Tre anni carichi di attività , iniziative, concerti e occasioni festose, ma anche magoni e rospi da ingoiare.
Nel 2006 Maurizio decide che è ora di passare il testimone e lo fa scambiandosi il ruolo con il suo Vice, Alberto Marchi, l’attuale presidente.